Jaguar XJR-15 - Corse

2021-11-17 07:29:26 By : Mr. Charles Feng

Trent'anni fa, Jaguar derivò una supercar stradale dalla XJR-9 che aveva vinto la 24 Ore di Le Mans tre anni prima. La XJR-15 era un'auto favolosa, per il prezzo e perché ha corso un prestigioso trofeo di tre gare durante i fine settimana di F1 ...

Le Mans, 12 giugno 1988, ore 16: quando la XJR-9 di Lammers / Dumfries / Wallace taglia il traguardo, la Jaguar torna alla vittoria nella 24 Ore dove aveva trionfato quattro volte tra il 1953 e il 1957, con la Type C e D, i freni a disco e tutto. Si tratta di una vittoria di grande significato, frutto dell'accordo tra Ford, ora proprietaria della Jaguar, e Tom Walkinshaw Racing, l'antenna tecnologica dell'ex pilota britannico.

Il colosso americano e TWR hanno creato Jaguar Sport, con l'obiettivo di riportare la casa di Coventry dove merita. Sul gradino più alto del podio. Ma se negli anni Cinquanta le corse erano un'attività naturale, quarant'anni dopo sono soprattutto un biglietto da visita, un veicolo pubblicitario per la vendita di auto di serie. Jaguar Sport si sta occupando anche di valorizzare le berline di lusso britanniche, ma non solo: per rafforzare ulteriormente il collegamento tra la pista e le concessionarie, serve altro.

Gli edonisti di fine anni Ottanta sono un terreno ideale per la sperimentazione e le fughe in avanti: nasce il trend delle supercar, ormai abbastanza in voga ma all'epoca del tutto nuovo. Nascono vetture dalle cilindrate fuori dal comune e dalle linee estreme, da Sport Prototype: le più sorprendenti sono la Cizeta-Moroder V16T, la Dodge Viper, la Vector W8, la Yamaha OX99-11, fino alle più supercar di tutti: la Dauer 962 del 1994, alias Porsche targata. Che, per inciso, vincerà anche la 24 Ore, come... GT, perché prodotta in serie e omologata per la circolazione stradale.

Uno dei tanti episodi che hanno reso leggendaria Le Mans. Super costo, super premi Tornando a noi, in Jaguar hanno un'idea diversa: non solo creare una supercar ispirata alla XJR-9 del mondiale da vendere come vettura stradale, ma anche cucirci sopra un campionato come piccolo quanto prestigioso. L'idea è di farla correre in una sfida internazionale di sole tre prove, che si terrà a Monte-Carlo, Silverstone e Spa Francorchamps, come antipasto al Gran Premio di F1! Insomma, un vero e proprio programma sportivo e di marketing, chiaramente volto a dare un grande impulso all'immagine un po' polverosa del glorioso marchio inglese.

L'idea nasce subito dopo la vittoria a Le Mans, nel 1989 corre in pista un prototipo chiamato R9R, l'anno successivo viene progettata e sviluppata la JaguarSport XJR-15 e il 1991 è l'anno fatidico in cui 50 esemplari della supercar e il campionato è tenuto. Il "pacchetto" è roba da miliardari: l'auto costa la bellezza di mezzo milione di sterline e deve essere guidata da persone capaci. Quindi i proprietari gestiscono piloti professionisti, come Derek Warwick, Bob Wollek, Vern Schuppan e David Brabham, che competono per le cospicue £ 46.000 per vittoria, più il premio finale di un milione di dollari (questa volta non £) per chi vince il trofeo. Insomma, roba da professionisti.

Ma vediamo come è fatta questa vettura straordinaria. Il prototipo R9R del 1989 deriva dalla Jaguar XJR-9 che vinse la 24 Ore di Le Mans, soprattutto nella meccanica da cui riprende l'assetto meccanico, con il V12 da 6 litri (7 litri per la XJR-9) equipaggiato con distribuzione monoalbero con due valvole per cilindro.

La potenza specifica, invece, è volutamente molto più bassa: 100 Cv/litro sul prototipo Gruppo C, contro i 75 Cv/litro della XJR-15; (che significano però una potenza di 450 Hp a 6.250 giri/min con una robusta coppia di circa 57 kgm a 4.500 giri/min). Giustamente i tecnici inglesi ritengono di privilegiare l'affidabilità della meccanica, seppur con prestazioni assolute notevoli.

D'altronde i piloti del trofeo devono partire ad armi pari, quindi è inutile spingere troppo sulle prestazioni; inoltre l'affidabilità del V12 7.0 è stata anche un'arma vincente per la vittoria nella maratona francese. Il V12 è sviluppato da JaguarSport e TWR con elementi specifici come l'iniezione elettronica Zytec sequenziale, ed è un motore leggero: pesa 240 kg compresa frizione e accessori, compreso lo scarico.

I pistoni sono anch'essi in lega leggera, e la lubrificazione è a carter secco; infine il cambio è un cambio a sei marce realizzato da TWR, con rapporto finale modificabile in base alle esigenze dei circuiti. La XJR-15 è disegnata da Tony Southgate, grande tecnico di Formula 1 anni '70 (sue furono le prime Arrow, favolose nella loro livrea d'oro Warsteiner) nonché progettista della stessa XJR-9 del mondiale.

E se lo scopo di tutta questa operazione è soprattutto commerciale e sportivo, per i tecnici Jaguar quello tecnico non è da meno: un'auto di queste prestazioni (oltre 300 km/h di velocità massima) permette di esplorare l'applicazione dei materiali plastici. e compositi in condizioni estreme e anche per valutare la loro possibile applicazione nella produzione di massa.

Detto della meccanica, telaio e carrozzeria sono interamente in fibra di carbonio, prodotti da ASTEC, azienda del gruppo TWR (che a cavallo tra gli anni '80 e '90 è una vera potenza nel campo degli sport motoristici), con sede nel Derbyshire e specializzata nella lavorazione del carbonio, all'epoca ancora piuttosto esotica. Tutto il resto della XJR-15 è prodotto e fabbricato all'interno di JaguarSport.

Le sospensioni sono a ruote indipendenti, con elementi in alluminio per alleggerire le masse non sospese e ammortizzatori Bilstein non regolabili, ma ovviamente dotati di taratura specifica per l'utilizzo in pista. Il sottoscocca è profilato per ottenere il massimo dell'effetto suolo, secondo i dettami in voga sulle vetture Sport Prototipi dell'epoca, con estrattori d'aria posteriori. Il peso contenuto di appena 1.050 kg porta il rapporto peso/potenza di questa Jaguar all'ottimo valore di 2,33 kg/cv, che richiede un sistema frenante capace: dischi in acciaio ventilati con pinze a quattro pistoncini AP Racing.

È un vero peccato che la rarità di questa vettura non ci permetta nemmeno di immaginare anche un breve test: in Italia non crediamo che esista nemmeno un esemplare, ma se lo fosse, immaginiamo il divertimento del suo proprietario nel prenderla scendi dal carrello, in circuito, e mettiti al volante.

O, addirittura, scendere in pista dopo un galoppo in autostrada tra lo stupore di altri automobilisti che vengono sorpassati da questa vettura sconosciuta e sinuosa, con la linea disegnata da Peter Stevens, che in seguito disegnerà McLaren F1 e BMW V-12 LMR.

Alla fine della Jaguar XJR-15 furono prodotti 53 esemplari, di cui 27 con specifica stradale (e omologazione), anche se non per tutti i paesi. Tra quelle dove avrebbe potuto essere venduta c'era anche l'Italia, anche se all'epoca questa supercar aveva una concorrente interna: la XJ220. Quest'ultimo, di cui almeno tre esemplari sono stati immatricolati anche nel nostro paese, era però un modello controverso, una mezza supercar, nulla a che vedere con la purezza della XJR-15. Che, tra l'altro, diventa così la prima vettura stradale al mondo con un telaio realizzato in materiali compositi (fibra di carbonio e Kevlar).

Uno di questi esemplari, numero di telaio 028, è stato messo all'asta da RMSotheby's a Monterey lo scorso agosto, al prezzo stratosferico di oltre 1,9 milioni di dollari. Sorprendente, per certi versi, visto che la generazione delle supercar degli anni '90 non è nei titoli dei giornali. Ma evidentemente il marchio e il DNA di questa vettura si riconoscono al di là della brevità della sua carriera, non solo agonistica. Ritorno a Silverstone Il 30° anniversario della Jaguar XJR-15 e del Jaguar Intercontinental Challenge è stato celebrato al recente Silverstone Classic, tenutosi dal 30 luglio al 1 agosto.

Non poteva esserci un luogo più appropriato per l'evento, poiché le vetture sono state prodotte a Bloxham, a mezz'ora di macchina da Silverstone, e qui si è svolta una gara di trofei. E che gara! Nel 1991, sedici Jaguar XJR-15 si sono date battaglia intrattenendo il pubblico che si è fermato a guardarla dopo il GP di Gran Bretagna; pubblico già inebriato dalla vittoria di Nigel Mansell sulla Williams. Ed è stata una gara ricca di colpi di scena, con cinque vetture solo al traguardo e la vittoria di Juan Manuel Fangio II, 45 anni dopo l'ultima vittoria del suo mitico zio nel GP di Gran Bretagna; secondo è stato Bob Wollek, terzo è stato l'idolo locale Ian Flux, pilota nel famosissimo British Touring Championship.

Domenica 14 luglio 1991 è un giorno che Flux non ha mai dimenticato: "Ero l'unico britannico sul podio, i tifosi mi acclamavano come se avessi vinto il GP di F1!". Flux ha ricordato quel giorno a Silverstone Classic insieme a Fangio II e alla famiglia Walkinshaw: la gara si è svolta su 20 giri, piena di incidenti. Tipicamente, quando si guidano i “professionisti” con le auto tutte uguali… e poi, come ha ricordato Tiff Needell, un altro noto pilota britannico, “la maneggevolezza della XJR-15 è stata a dir poco entusiasmante. In quelle tre gare ci fu una bagarre furiosa, per la gioia del pubblico e anche dei fotografi... L'auto, con un quarto del peso rappresentato dal motore, chiedeva a tutti di portare al limite».

Di Francesco Pelizzari - Foto RM Sotheby's

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