Le vecchie convinzioni su bielle, valvole e molle - News - Moto.it

2021-12-29 22:01:35 By : Mr. jack Fan

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In campo motoristico il processo evolutivo determina una selezione, in seguito alla quale si impongono le soluzioni più valide o più convenienti. Le altre vengono gradualmente abbandonate anche se in precedenza hanno goduto di un'apprezzabile popolarità. Compaiono e si affermano nuovi rivestimenti superficiali, nuovi sistemi di lavorazione e nuovi materiali, che ben presto prendono il posto (in larga misura, se non completamente) di quelli utilizzati in precedenza. E certe convinzioni vengono demolite in seguito alle conoscenze sempre più approfondite che lo sviluppo della tecnica apporta. A questo proposito, ecco alcuni esempi interessanti.

Per lunghissimo tempo le bielle dei motori da corsa sono state accuratamente lucidate. La pratica veniva impiegata per eliminare le piccole irregolarità superficiali, che non di rado potevano costituire l’innesco di una crepa, e quindi di una rottura per fatica. Inoltre consentiva di individuare più agevolmente eventuali piccole cricche.

Da diversi anni a questa parte a vari componenti viene impartita un'elevatissima finitura superficiale, ma di bielle lucidate a specchio (o quasi) non se ne parla davvero. Per allontanare il rischio di rotture per fatica si ricorre infatti alla pallinatura controllata (shot peening), che consente di ottenere risultati straordinari. La superficie delle bielle viene sottoposta ad un autentico bombardamento da parte di piccole sfere di materiale duro; assai spesso si impiegano dei “pallini” di acciaio aventi diametri generalmente dell’ordine di alcuni decimi di millimetro (ma talvolta si può arrivare a 1,4 mm). A trasportarli, con una velocità di svariate decine di metri al secondo (si possono però anche superare i 100 m/s!), provvede un getto di aria compressa. I parametri esatti, che vanno rispettati con estrema precisione, variano a seconda dei componenti e dei materiali che devono essere trattati. Il risultato è la formazione di uno strato superficiale di materiale incrudito e messo in compressione, che ostacola molto efficacemente la formazione e la propagazione delle crepe, e fa quindi aumentare la resistenza a fatica in misura assai considerevole.

Quando si impiegavano alberi compositi che lavoravano su cuscinetti volventi, tra la testa della biella e il perno di manovella era collocata una serie di rullini. Negli anni Cinquanta sui motori di serie si è affermato definitivamente l’impiego di una gabbia, che separava e guidava i rullini stessi (prima era impiegata assai di rado e quasi esclusivamente sui motori da competizione). Nel caso del cuscinetto di biella, la gabbia evita che i rullini vadano ad “addensarsi” verso l’esterno sotto l’azione della forza centrifuga, che agli alti regimi diventa molto considerevole. Inoltre occorre considerare che durante la rotazione dell’albero la biella compie un movimento pendolare (con fulcro nello spinotto), inclinandosi ora da un lato e ora dall’altro rispetto all’asse del cilindro.

Di conseguenza, i rullini e la gabbia subiscono continue accelerazioni e decelerazioni, anche se la velocità di rotazione dell’albero a gomiti rimane costante. Il cuscinetto di biella nei motori veloci è quindi soggetto sia alla forza centrifuga che a quelle d’inerzia, e pertanto deve essere leggero; questo significa rullini di piccolo diametro e gabbia di peso ridotto. Per questo motivo, nei motori da competizione (e anche in alcuni modelli molto sportivi) sono stati impiegati a lungo cuscinetti con gabbia in lega di alluminio, che hanno svolto bene la loro funzione. Con il passare degli anni le sollecitazioni meccaniche sono però aumentate, principalmente per via dei regimi di rotazione più elevati, e a un certo punto questo materiale non è più risultato alla altezza della situazione. È stato quindi necessario passare alle gabbie in acciaio ad alta resistenza, fosfatate o dotate di un riporto superficiale di rame o di argento (per le applicazioni più gravose) applicato galvanicamente.

Da decenni le molle delle valvole, con la sola eccezione di quelle delle odierne MotoGP, sono del tipo ad elica. In passato però sui motori di elevate prestazioni sono state largamente impiegate le molle a spillo che, nel caso delle moto da competizione, in genere venivano montate allo scoperto. Stando a quanto veniva usualmente affermato, questa disposizione veniva adottata per far sì che esse godessero di una certa refrigerazione, il che consentiva di ridurrne la temperatura di lavoro. Una buona cosa certamente, ma sembra più probabile che la soluzione venisse in realtà impiegata perché consentiva una sostituzione rapida e agevole delle molle (non era necessario togliere la testa), che nei motori da corsa di una volta non di rado erano soggette a rottura.

Le molle a spillo per lungo tempo sono state tra le migliori che le industrie del settore potevano fornire, e diversi costruttori le hanno impiegate diffusamente anche su modelli costruiti in gran serie. Basti ricordare le Guzzi a cilindro orizzontale di 500 e 250 cm3 e la splendida NSU Max, costruita in oltre 90.000 esemplari tra il 1952 e il 1963. Le Ducati monocilindriche con distribuzione monoalbero (come le famose Scrambler e Mark 3) hanno utilizzato molle di questo tipo fino alla metà degli anni Settanta, quando è terminata la loro produzione.

Un intervento che fino a non molti anni fa veniva ritenuto addirittura essenziale è la smerigliatura delle valvole. Si eseguiva per ottenere un perfetto assestamento tra le superfici di contatto del fungo e della sede, cosa che consentiva una completa “ermeticità” una volta che la valvola era in posizione di chiusura. Da tempo questa operazione in molti casi non viene più effettuata, perché la grande precisione delle odierne macchine utensili per la lavorazione delle sedi è in grado di assicurarne comunque una corretta tenuta. Quando si impiegano valvole in titanio, di norma, la smerigliatura è addirittura vietata, in quanto causerebbe l’asportazione del sottilissimo strato protettivo superficiale.

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